top of page
STORIA IN VISITA

FORTE DI EXILLES

1.jpg

Il  Forte di Exilles. Uscita autostrada Susa, statale a 10 km Exilles. Apertura mesi estivi.

Cell 327 6262304 – mail assfortexilles@gmail.com

Situato nell’omonimo comune è uno dei più importanti sistemi difensivi del Piemonte
I primi documenti in cui viene citato il Forte di Exilles, ancora assai rudimentale ed in via di definizione, risalgono al VII secolo, quando un cronista
della Novalesa cita sul roccione di Exilles una primitiva fortificazione distrutta dai Franchi. Dal 1155 circa i padroni della fortezza
sono i Bermond di Besançon, conti di Albon, che avevano bisogno di proteggere militarmente
la strada che, di loro proprietà, portava al Monginevro.
La prima descrizione del castello risale al 1339: la pianta si presenta
quadrangolare e con più torri, stalle e magazzini esterni, assai diverso dalla piazzaforte
solida e compatta di oggi.

Intorno al Forte nacquero nei secoli molte leggende, ma forse la più famosa di tutte, fra verità storica e leggenda, è quella relativa ad un misterioso
personaggio ivi rinchiuso (la costruzione fungeva anche da carcere) tra il 1681 e il 1687. Secondo la tradizione, questi potrebbe identificarsi
con la Maschera di Ferro personaggio la cui identità non è a tutt’oggi nota. 
Nel 1708, durante la Guerra di Successione Spagnola, torna ai Savoia con Vittorio Amedeo II di Savoia, grazie all’aggiramento del fronte
da parte delle truppe sabaude attraverso la Moriana ed i colli che mettono questa in collegamento con Bardonecchia, così che il forte
verrà attaccato dalla parte dell’alta valle. Il Trattato di Utrecht sancirà infine la definitiva appartenenza
della intera Valle di Susa (e, quindi, anche del forte di Exilles) al neonato

Regno di Sicilia (che poco dopo diventerà Regno di Sardegna). Nel 1720 viene incaricato
l’architetto Ignazio Bertola, figlio adottivo di Antonio, di rafforzare il Forte di Exilles. I lavori
durano oltre sei anni (terminano nel 1726) ed alla fine il forte risulta un gioiello di arte militare.
Nel settembre del 1745, nel corso della guerra di successione austriaca, le truppe francesi tentano di aprirsi la strada
verso la bassa valle di Susa attaccando il forte, ma vengono respinti dalle cannonate della guarnigione
al comando del capitano Papacino d’Antoni.[1] Fonte WIKIPEDIA

http://www.forteexilles.it

FORTE DI BRAMAFAM

2.jpg

IL Forte di Bramafam  -  Email:info@fortebramafam.it Telefono:+39 339 2227228 Cellulare:+39 333 6020192

Museo Forte di Bramafam. Uscita autostrada Bardonecchia, si torna indietro sulla statale verso Oulx. Apertura mesi estivi.
La fortificazione venne costruita tra il 1874 eil 1889 ed è una delle più grandi opere fortificate della fine del XIX secolo delle Alpi Cozie.
È stato costruito per difendere la linea ferroviaria Torino-Modane e il traforo ferroviario del Frejus, inaugurati in quegli anni.
Il forte, che all’apice della funzionalità contava più di 200 unità, controllava il paese di Bardonecchia e le valli della Rho e del Frèjus e teneva
sotto tiro l’imbocco italiano del traforo ferroviario da probabili attacchi francesi.
Disarmato parzialmente nel corso della Prima guerra mondiale, il forte fu adibito a campo di prigionia per gli austriaci che lavoravano
in zona alla manutenzione delle strade militari e della galleria del Fréjus. Negli anni Trenta l’opera venne integrata con la costruzione di due moderni
centri di resistenza in caverna del Vallo Alpino ed armata, oltre che dalle 2 torri 120/21, anche da una sezione di cannoni da 149/35
. Nonostante fosse superata per concezioni tecniche, fu costantemente presidiato ed armato. Il 21 giugno 1940, nel corso dell’offensiva
italiana contro la Francia, il forte fu bersagliato dai tiri dell’artiglieria nemica e dalle bombe lasciate cadere da sette aerei francesi: i danni
si limitarono però soltanto ad alcune strutture esterne.
Nel settembre del 1943 venne occupato da un piccolo presidio tedesco che, per timore di colpi di mano
dei partigiani, minò accuratamente tutta l’area circostante. Fu abbandonato dagli ultimi tedeschi in ritirata
solo la mattina del 27 aprile 1945. Cessate le ostilità, in ottemperanza alle clausole del trattato di pace, l’opera venne dismessa
dall’Esercito e abbandonata al proprio destino (art. 47 del trattato di pace). Fonte WIKIPEDIA

http://fortebramafam.it/

SACRA DI SAN MICHELE

3.jpg

tel. +39.011.93.91.30
fax. +39.011.93.97.06
e-mail: info@sacradisanmichele.com

La Sacra di San Michele (l’Arcangelo), o più propriamente l’Abbazia di San Michele della Chiusa, chiamata anche 
Sagra di San Michele nella parlata popolare locale, è un complesso architettonico arroccato sulla vetta
del monte Pirchiriano, all’imbocco della val di Susa, nella Città metropolitana di Torino, in Piemonte, nei territori
dei comuni di Sant’Ambrogio di Torino e di Chiusa di San Michele, poco sopra la borgata San Pietro.
Collocata su un imponente basamento di 26 metri a 960 metri di altitudine s.l.m[3], affacciandosi dalla cima del monte Pirchiriano
sul confine fra le Alpi Cozie e la Pianura Padana, è il monumento simbolo del Piemonte] e una delle più eminenti
 architetture religiose di questo territorio alpino, appartenente alla diocesi di Susa, prima tappa
in territorio italiano lungo la via Francigena.
Dal XII al XV secolo visse il periodo del suo massimo splendore storico, divenendo uno dei principali centri
della spiritualità benedettina in Italia. Nel XIX secolo vi fu insediata la congregazione dei padri rosminiani[8]. Nel 2015, il sito è stato uno dei vincitori
del concorso fotografico mondiale Wiki Loves Monuments[9]. Nel 2016 il museo del complesso monumentale abbaziale
è stato visitato da oltre 100.000 persone[10].
Lo scenario monastico ha largamente ispirato il romanzo storico di Umberto Eco Il nome della rosa.[13][14]
Sempre sul lato settentrionale, isolata dal resto del complesso, svetta la torre della “Bell’Alda“, oggetto di una suggestiva
leggenda: una fanciulla (probabilmente vissuta nel XIII– XIV secolo), la bell’Alda appunto, volendo sfuggire dalla cattura
di alcuni soldati di ventura, si ritrovò sulla sommità della torre. Dopo aver pregato, disperata, preferì saltare
nel precipizio sottostante, piuttosto che farsi prendere; le vennero in soccorso gli angeli e, miracolosamente,
atterrò illesa. La leggenda vuole che, per dimostrare ai suoi compaesani quanto era successo, tentasse nuovamente
il volo dalla torre, ma che per la vanità del gesto ne rimase invece uccisa. Fonte WIKIPEDIA.

ABBAZIA DELLA NOVALESA

4.jpg

https://www.abbazianovalesa.org/wp/

L’abbazia dei Santi Pietro e Andrea, anche conosciuta come abbazia di (o della) Novalesa, è un’antica
 abbazia benedettina fondata nell’VIII secolo e situata nel comune di Novalesa, in valle di SusaCittà Metropolitana di Torino. Una delle cappelle
del complesso ospita due importanti cicli di affreschi dell’XI secolo, dedicati uno al titolare 
Sant’Eldrado e l’altro, fra i primi conosciuti in Occidente, a San Nicola di Bari.
La storia dell’abbazia di Novalesa ha inizio il 30 gennaio 726, per mezzo dell’atto di fondazione dovuto all’allora signore franco di Susa
MorianaAbbone, a controllo del valico del Moncenisio. In questo periodo i monasteri avevano infatti una precisa valenza strategica
e i Franchi in particolare non solo li considerarono loro sfera di influenza, ma li utilizzarono come basi di partenza
per le loro incursioni contro le popolazioni nemiche. Fonte WIKIPEDIA.

Tel 0122 653210 – prenotazioni.

FORTE DELLO CHABERTON

chab1111.jpg

L' ARTIGLIERE DELLO CHABERTON
ROBERTO GUASCO

 

http://www.montechaberton.it/

La progettazione della fortificazione risale a fine ‘800, quando, nell’ambito della Triplice Alleanza, l’Italia perseguiva
un piano di miglioramento dell’apparato di fortificazioni sul confine con la Francia. La vetta dello Chaberton fu scelta
per la sua posizione strategica, per la sua inaccessibilità e per l’impossibilità di colpirla con le armi a tiro curvo dell’epoca[2]. Questo spiega la realizzazione
di batterie sopraelevate con cannoni piazzati in torrette rotanti e senza protezione adeguata a colpi di cannone o mortaio che non erano realizzabili
ai primi del ‘900 (ma non dai mortai moderni della Seconda Guerra Mondiale). Il progetto fu quello di un’opera autonoma
ad azione lontana, ovvero con il fine di bombardare postazioni militari anche a notevole distanza in territorio straniero.[
I lavori ebbero inizio nel 1898, con il tracciamento della strada che univa la frazione Fenils alla vetta del monte.[3] I lavori, sotto la guida
del maggiore del Genio Luigi Pollari Maglietta, terminarono nel 1910,ma già nel 1906 la batteria
fu armata con 8 cannoni da 149/35 A. in torretta corazzata tipo A.M.
Dopo che l’Italia ebbe dichiarato guerra alla Francia il 10 giugno 1940 il forte divenne attivo per la prima volta: venne utilizzato per bombardare
obiettivi militari francesi, senza peraltro causare danni militarmente significativi. Nel vicino forte francese dello Janus
è visibile una torretta di avvistamento corazzata sopra un’opera di cemento, in cui l’acciaio della torretta
fu parzialmente distorto, ma non perforato, da una delle granate da 149 della batteria lanciate il 20 giugno 1940. L’esercito francese reagì
il giorno seguente. Il mattino 21 giugno 1940, i Francesi cominciarono a bombardare
con quattro obici d’assedio Schneider 280 mm Mle 1914;[5] il bombardamento fu temporaneamente sospeso
per la nebbia, ma nel pomeriggio riprese, ed una volta aggiustato il tiro i mortai francesi in breve tempo misero fuori uso
sei delle otto torrette del forte, causando nove morti e cinquanta feriti, mettendo fuori uso la teleferica di servizio del forte, e causando
danni notevoli alle strutture.[3] Il giorno seguente il duello proseguì con minore intensità. Con l’armistizio del 25 giugno, il forte cessò l’attività.

Fonte Wiipedia.
Cell : +39 338 614 1121
Mail : info@montechaberton.it

L'artigliere dello Chaberton - Museo Mediatico

6.jpg

Forte del Varisello - Moncenisio

VARISELLO-2.jpg

Il forte venne costruito tra il 1877 ed il 1883 sulla cima del monte Varisello a pianta pentagonale con fossato di protezione e con le stesse dotazioni tecniche dei vicini forte Roncia e forte Cassa, ossia a due piani con ordini di fuoco sovrapposti. Il piano superiore era completamente casamattato e dotato di 2 cannoniere rivolte a nord, est e sud; non tutte queste casematte erano armate, in quanto i 7 cannoni 12 ARC Ret potevano essere spostati nella direzione di fuoco più necessaria al momento dell'utilizzo. I cannoni 12 ARC Ret erano rivolti verso settentrione e battevano tutta l'area del pianoro del Moncenisio compresa tra il colle stesso e l'ospizio (assieme agli armamenti dei forti Roncia e Cassa), mentre i cannoni 15 ARC Ret, rivolti verso occidente, coprivano la zona compresa tra l'Ospizio e l'imbocco della strada che conduceva al colle del Piccolo Moncenisio. Il piano inferiore vi erano 4 postazioni per gli mortai 15 Ret e file di feritoie per i fucilieri, posizionate in modo da coprire l'intero fossato. Erano poi presenti anche 3 casematte sul fronte di gola per coprire la zona attorno alla Gran Croce e due pilastrini su cui erano installate delle mitragliatrici per coprire lo spiazzo attorno al ponte levatoio d'ingresso.

Vista la funzione di centro di comando della piazza, il forte era anche dotato di un grande deposito di munizioni per i 420 uomini di presidio dello stesso e per le fanterie mobili operanti nella zona; inoltre erano presenti anche l'infermeria, magazzini per i viveri e forni per la cottura del pane. Era altresì presente una stazione eliografica-ottica che metteva in comunicazione il forte con le altre opere della zona ed il Forte Pampalù di Susa; vi erano anche dei proiettori elettrici che erano utilizzati per l'illuminazione notturna della zona del pianoro del Moncenisio, e tra il 12 ed il 17 luglio 1883 questi proiettori furono utilizzati per i primi esperimenti di illuminazione notturna di un campo operativo militare in Italia.

Al forte si accedeva tramite un ponte levatoio posto sul fossato davanti al portale d'ingresso; l'avancorpo quadrato del blocco d'ingresso era affiancato da cannoniere in conci di pietra. Il muro di controscarpa segue il perimetro dell'intera opera, interrotto solo sul lato occidentale in seguito ai danni provocati dai cannoneggiamenti del 1909 - 1910. Il cortile interno è occupato, al centro, dall'edificio rettangolare che ospitava gli alloggiamenti delle truppe ed i locali logistici: per accedervi si scendeva ad un piano inferiore del cortile tramite una rampa carrettabile. La caserma, su due piani ha il lato rivolto verso le casematte suddiviso in un piano terra con un ampio porticato ed il primo piano con un loggiato ad archi; la scala per salire al piano superiore è a metà dell'edificio, che all'interno è suddiviso in stanze e camerate. Le casematte del piano superiore del forte sono intercomunicanti tra loro tramite passaggi laterali ed hanno tutte delle pietre angolari a protezione dell'apertura delle cannoniere con, sul pavimento, l'alloggiamento del rocchio in ghisa del cannone. Le postazioni dell'ordine inferiore, invece, sono dotate di feritoie in fila per il posizionamento dei fucili. Le caponiere del fossato sono raggiungibili dalle casematte inferiori e, tramite quella posta nell'angolo sud-ovest, si può raggiungere la polveriera del forte, capace di 100 tonnellate di polvere da sparo, scavata in galleria sotto il piazzale antistante l'ingresso dell'opera.

Verso la metà degli anni ottanta del XIX secolo venne realizzata la batteria esterna del Varisello, un'opera di appoggio al forte posizionata lungo la strada di accesso al medesimo: la Batteria era suddivisa in una sezione a valle composta da 2 postazioni a valle e 4 a monte, e tutte e 6 erano dotate di cannoni 15 GRC Ret in barbetta con i magazzini ed i locali di caricamento posizionati in galleria lungo la strada militare del Pattacroce.

Vita del forte

L'operatività del forte fu alquanto ridotta nel tempo: già nel primo decennio del Novecento venne parzialmente disarmato in quanto le sue strutture in muratura non erano adatte a resistere ai colpi delle granate torpedini; venne utilizzato, tra il 1909 ed il 1910, come bersaglio per le prove di tiro di artiglieria dei nuovi cannoni 149 A e per valutare gli effetti dei nuovi proietti sulle murature in pietra. A seguito del bombardamento, il lato occidentale del forte subì gravi danni ed il crollo pressoché completo delle casematte: data la scarsa resistenza della tecnica costruttiva delle fortificazioni in pietrame ai nuovi tipi di armi da artiglieria, il 10 gennaio 1910 i forti Varisello, Roncia e Cassa del Moncenisio vennero radiati dal novero delle fortificazioni attive e furono utilizzati soltanto più come magazzini ed alloggi per le truppe di stanza in zona.

R.jpg

Forte del Sape' 
IL FORTE NASCOSTO

R (1).jpg

In base al progetto originario del 1874 il Forte Sapé avrebbe dovuto essere sito con fronte verso nord-ovest e, agli spigoli ovest-nord-ovest ed est-sud-est, due caponiere e un largo fossato che lo avrebbe separato dal muro di controscarpa che sosteneva le pareti della buca nella quale avrebbe dovuto essere collocato. Al piano terra avrebbero dovuti esser sistemati gli alloggi della truppa e i servizi mentre, allo spigolo ovest-sud-ovest, ci avrebbe dovuto essere il magazzino della polvere; al piano superiore vi avrebbero dovute essere le quattro casematte con le cannoniere rigate per le artiglierie e gli alloggi per gli ufficiali. Una scaletta avrebbe condotto al tetto piano, costituito da una battuta di cemento spessa un metro, rivestita da due metri di terra e poggiante sulle volte a botte a tutto sesto delle casematte. Sull'orlo sud-est del terrazzo sommitale si sarebbe dovuto elevare un parapetto con feritoie per proteggere i fucilieri per la difesa vicina. L'accesso avrebbe dovuto essere con ponte levatoio sul fossato allo spigolo est-sud-est ed avrebbe condotto direttamente al piano delle casematte.

L'opera che venne poi realizzata, il Forte Sapé, progettata dall'ing. Darbesio del Genio Militare, venne costruita riunendo in un'unica costruzione le due opere preventivamente progettate (Clot Riond e Sapé) a causa di tagli alle spese militari. Ricalcava nelle linee generali l'opera casamattata e sorse dove l'altra era stata prevista: era una fortezza a fossa ma con le artiglierie in barbetta anziché in casamatta. Disponeva di otto cannoni da 12 GRC/Ret dei quali i primi quattro, riuniti a due a due e rivolti a ovest, dovevano battere la piana di Salbertrand (al posto dei cannoni da 15 GRC/Ret originariamente previsti al Forte Clot Riond), mentre gli altri quattro, sempre riuniti a due a due, erano schierati con fronte a nord-ovest a quota più bassa per battere il versante opposto della Val di Susa (compito assegnato alla progettata ma non realizzata batteria da 9 ARC Ret casamattata).

Il gruppo di questi ultimi quattro pezzi, che battevano il versante sinistro della Valle, veniva detto Batteria Bassa, per distinguerla dall'altra, schierata verso la piana di Salbertrand, sita a quota superiore e, per questo, detta Batteria Alta. L'opera si elevava di un solo piano e aveva al piano terra gli alloggi della truppa con, all'estremità occidentale, il magazzino della polvere che, grazie a un pozzo dotato di una scala a chiocciola, comunicava direttamente con la Batteria Alta che era protetta, sul fianco destro, da un alto parapetto. All'estremità meridionale, dove vi era l'ingresso che avveniva tramite un ponte parte dormiente e parte levatoio appoggiato su pilastro battiponte, la costruzione si elevava di due piani con, al piano secondo, l'atrio di accesso e il corpo di guardia. Dall'atrio si scendeva tramite una scala al piano inferiore ove vi erano gli alloggi truppa e i magazzini (tali ambienti si aprivano sul fosso occidentale con un'infilata di feritoie, mentre su quello orientale vi erano finestrature che davano luce agli alloggiamentio) o si accedeva direttamente alla linea dei pezzi della Batteria Bassa, le cui due sezioni erano separate da traverse nelle quali vi erano le riservette. A ovest della linea della Batteria Bassa, in prossimità della postazione per i fucilieri, si dipartiva una strada (che in alcuni tratti era dotata di gradini) che, con alcuni stretti tornanti, saliva alla linea dei pezzi della Batteria Alta. Il fossato meridionale era interrotto da una traversa nella quale erano sistemati la cucina della truppa e i servizi, mentre il fossato orientale era interrotto da una caponiera attraverso la quale si aveva accesso da un lato a una munita galleria di controscarpa che si spingeva lungo i fossi orientale e settentrionale, e dal lato opposto alla polveriera del forte che si sviluppava al di sotto del terrapieno a monte. All'estremo meridionale del lungo corridoio, che si sviluppava lungo tutta la manica, vi era il pozzo dotato di montacarichi e una scala a chiocciola che risaliva sino alla riservetta posta fra le due sezioni della Batteria Alta.

Il munizionamento previsto per le artiglierie delle fortezze della Piazza di Exilles era di 600 colpi per pezzo, dei quali 200 granate, 390 shrapnel e 10 scatole per colpi a mitraglia.

Come buona parte delle fortificazioni del Fronte Occidentale, tutte opere della Piazza di Exilles, quindi anche il Forte Sapé, vennero disarmate durante la prima guerra mondiale e le artiglierie vennero inviate sul Fronte orientale. Al termine della Grande Guerra vennero abbandonate, con l'eccezione del Forte Fenil (che venne adibito a deposito proiettili per le batterie occasionali previste nella zona in caso di mobilitazione). Venne definitivamente dismesso nel 1928.

sape.jpg

Anello dei forti
sulla strada militare piu' alta d'Europa

Val-di-Susa-Colle-delle-finestre-anello-dei-forti-17-pbekalhmog7zezoan5rv7bwszifiel8vtcdtx

E’ la più famosa strada militare delle Alpi Occidentali ed è il percorso militare più alto d’Europa, toccando quota 2.550 presso la Testa dell’Assietta. Presenta lungo il suo tracciato numerose fortezze che risalgono a differenti epoche storiche, e può costituire pertanto un vero e proprio museo a cielo aperto della storia delle fortificazioni di montagna. La strada dell’assietta è un bellissimo percorso da seguire anche in mtb, moto da enduro o 4×4, ma questa è un’altra storia! Questa è una di quelle escursioni davvero panoramiche come quelle al Rocca Sella o al Col Bione.

Arrivati al Colle delle Finestre, si può ammirare il bellissimo panorama su tutto il fondo valle, con la strada che si snoda fino a finire nel bosco. Sulla destra una strada militare, parzialmente scavata nella roccia, porta in 10 minuti al Forte del Colle delle Finestre costruito nel 1891, mentre si va su si può dare un attento sguardo alle pietre alla nostra sinistra: sono colme di scritte inerenti alla Prima e Seconda Guerra Mondiale: vi sono scritte con “W il 1919”, “il 1915” ecc; oppure semplici firme dei soldati dei reggimenti ai tempi della guerra.

Da qui, proprio dal primo forte parte l’anello dei Forti, un’idea per un escursione sulle vecchie strade militari.

Anello dei forti, sulla strada Militare più alta d’Europa • Visit Val di Susa

DESCRIZIONE ITINERARIO:

Si può proseguire lungo la facile strada sterrata che porta al Colle della Vecchia con percorso dolce lungo le pendici dei monti Pintas e Fattiere, un bellissimo itinerario panoramico con tratti a picco su Pian dell’Alpe. Attraversati alcuni canaloni, dei tornanti ravvicinati conducono al Colle della Vecchia, dove si trova il curioso Dente della Vecchia una grande roccia posta in verticale “piovuta”, non si capisce bene da dove, proprio a metà del colle; è lì a tessere leggende, ad alimentare storie, dando il nome suggestivo al Colle della Vecchia posto tra il Colle delle Finestre e il Colle dell’Assietta.

Da qui in avanti si apre il Vallone Barbier, ampio e dolce, invece di seguire interamente la strada si possono tagliare gli ampi tornanti puntando direttamente alla Punta del Mezzodì, nei pressi della quale è visibile una il Forte di Mezzodì.

Per una gita in giornata si può tornare indietro scendendo per lo stesso percorso dell’andata oppure si può decidere di proseguire passando diverse fortificazioni militari come le Caserme e il Forte del Gran Serin fino ad arrivare al Rifugio Casa Assietta, allungando decisamente il tragitto (circa 5 ore per 17 km di percorso in andata).

Per un trekking lungo ma più soft si può pensare di dividere l’itinerario passando la notte al Rifugio Casa Assietta. La strada di ritorno percorre la famosa strada dell’Assietta fino a rientrare al Colle delle Finestre con il doppio del tempo.

4964947952_67f1c475fb_b.jpg
Val-di-Susa-Colle-delle-finestre-anello-dei-forti-12-pb7qdobyc58ndn1bhfpsac1ps5co0lrhzgb97
Amello-dei-forti-militari-in-Val-di-Susa.webp
bottom of page